venerdì 11 agosto 2017

Essere social.

I mutamenti in atto nel mondo dell'Informazione sono talmente profondi che risulta problematico intravederne a breve elementi di rassicurante stabilità nei comuni destini. Chiunque, dietro un'anonima tastiera e con appropriati strumenti digitali alla mano, può rendere addirittura visibili le proprie idee. Attraverso la fotografia, ad esempio, oltre che con la parola. Ciò non toglie, tuttavia, che l'Organizzazione Sociale nel suo insieme non proceda secondo lo schema strutturale dominante, quello del Potere. Tanto che chi ne è detentore, a sua volta, si propone come protagonista attivo anche all'interno delle sterminate platee social. Evidentemente esserci funge da strumento complementare per governare coscienze e consenso all'ombra di un'ufficialità sempre più formale. Fatto sta che non ci sono soltanto i tweet quotidiani dei Trump o dei Renzi ad animare la falsa democrazia del web, ma pure il vaniloquio dei piccoli potenti che dalle proprie postazioni di ruolo - sindaci, sindacalisti e quant'altri - invadono con arrogante saccenza, quando non con pesanti ricatti verbali, le platee di sudditi apparentemente consenzienti. Così finisce che, ciascuno per proprio conto alza la voce pronunciando od inneggiando alle proprie verità. Che non esistono più. La mia, lascio venga pronunciata dai pixel raggranellati in ogni dove, nell'illusione qualcuno la colga e condivida.











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