domenica 20 novembre 2016

A proposito di Marcinelle: strage o tragedia?

Cadendo quest'anno il sessantesimo anniversario dall'esplosione sotterranea (https://www.facebook.com/Bellisiosolfare/) nella miniera di carbone di Marcinelle(http://www.leboisducazier.be/it/)in Vallonia e dove morirono un gran numero - 136 per la precisione - di lavoratori italiani, per più occasioni e da più parti nel nostro paese, riferendosi a quello storico avvenimento, si è parlato e scritto indistintamente di tragedia e di strage. Ma il significato dei termini non è proprio il medesimo, così che la scelta di uno dei due sostantivi finisce col connotare un pre-giudizio di natura ideologica associato ad una disinvolta ignoranza linguistica da parte di chi ne fa od ha fatto uso (http://www.artribune.com/2016/10/italiani-in-trasferta-le-foto-di-giovanni-marinelli-a-marcinelle-per-i-60-anni-della-strage/). Non altrettanto accade con la lettura delle immagini, il cui soggetto rappresenti, come nel caso di guerre e terremoti, distruzione e macerie.





In entrambi i casi sopra mostrati, pare assai difficile distinguere tra l'origine di un luogo e dell'altro. Allora, la considerazione che a me viene da fare è che è assai più probabile che sia la fotografia a mentire, piuttosto che la parola.

venerdì 18 novembre 2016

La fotografia che non c'è.

Sto pensando alla fotografia che non c'è e che mai ci sarà, quella del dolore, della sofferenza e della disperazione inconsapevoli che s'incontra oramai dovunque nelle strade, nelle fermate del bus e nelle stazioni ferroviarie tra i volti e le gesta banali della gente comune. L'odore di morte che, per contrappunto, si respira alla visione dei cadaveri uccisi dalla guerra o dalla fuga da essa,rappresentati come morboso e compiaciuto ammonimento sulle pagine ad inchiostro e sugli schermi di pixel, nulla ha a che vedere con le lacrime represse dei volti senza nome in cui ci si imbatte ad ogni angolo, purchè l'attenzione per l'Altro non sia di dominio o rapina. L'Altro siamo noi e chi ci accompagna nel cammino quotidiano: soggetti senza posa possibile.

martedì 8 novembre 2016

Terremototerapia.

Le ondulazioni ed i sussulti sismici del suolo centro-italico, oltre a produrre la devastazione di case, cose e persone, pare abbiano una sorta di benefico effetto sull'umore della gente direttamente colpita ovvero, esaltandone il sentimento di impotenza, rinforzano il fatalismo dinnanzi ad ogni dramma della vita. Mentre, di tale effetto terapeutico - diciamo così - non possono beneficiare coloro che, in territori non traballanti, conducono un'esistenza quieta e senza alcun rischio di crolli fisici. L'evidenza terapeutica è sorprendente e tale da essere paragonata, con tutte le necessarie distinzioni del caso, alle innumerevoli forme di terapia cui la Postmodernità Occidentale ci ha amorevolmente abituato in cambio di onesti contributi in danaro, visto che siamo ricchi ed opulenti. Tra le forme più ricorrenti, mentre spunta la gattoterapia, eccellono per qualità ed efficacia la pet e la fototerapia. A me interessa particolarmente quest'ultima, dal momento che, sufficientemente dotato di attrezzature da ripresa digitale, ne faccio uso abituale da molti anni, fino a che mi è diventato linguaggio - quello fotografico - di pratica quotidiana. Grazie alle occasioni di ospitalità gratuita (!!!!) sui social (Facebook, Twitter, Instagram, ecc.)assume la forma compulsiva più adatta a sedare le mie ossessioni esistenziali. Ed eccoci alla conclusione: la malattia è sociale, endemica e per certi versi drammatica. Riguarda tutti ed è la solitudine dello spirito.

venerdì 4 novembre 2016

Essere social.

E'forma di esistenza anche quella di partecipare al dialogo virtuale sulla Rete - una delle modalità è quella qui adottata sotto forma di blog - tanto che il ciclo di vita assunto somiglia, in tutto e per tutto, a quello reale del faccia a faccia tra esseri viventi. La fotografia, dove il processo di digitalizzazione ne consente l'istantanea visualizzazione e trasmissione, la fa da padrone diventandone, insieme all'audio-video, la componente multimediale più diffusa. E, siccome tutti fotografano, tutti siamo fotografi,la categoria dei professionisti ha dovuto inventarsi delle forme di produzione alternative per sopravvivere come tale. Fatto sta che la fenomenologia dei comportamenti da smartphone è diventata oggetto di riflessione critica, se non autocritica, da parte di molte menti illustri. A me preme rilevare come, nell'universo dei bit in perenne fluttuazione nell'invisibilità dell'etere, i tassi di natalità e di morte seguano ritmi, per quanto originali, comunque paralleli ai battiti cardiaci, con la differenza che la traccia di sè lasciata nell'agone dei social - Facebook per tutti - oltrepassa la soglia della morte fisica. Tanto si è detto e scritto a proposito del prossimo futuro demografico della popolazione, appunto, social.